Il Golem. L’interruzione di June Scialpi è poema che riesce a risignificare lingua e corpo, l’eccedenza impraticabile dalla parola ordinaria. Infatti, se il linguaggio è l’inattendibile per ciò che promette, il luogo del frammento, il linguaggio poetico, anche nel suo punto sublime, spesso corrisponde all’umiliazione della lingua. E invece stare nella lingua della poesia significa stare nell’eccesso, superare lo scoglio delle forme date, della sintassi preordinata, della rigidità delle norme comunicative. Ed è quello che fa June Scialpi, nonostante la giovane età, riuscendo a ricomporre un tessuto metaforico e ondivago, riassumendolo in un mosaico equilibrato. Il Golem sfiora le avanguardie novecentesche, superandole, finendo in una koinè smossa e drammatica: uno squarcio, non solo linguistico, doloroso e composto.