Lunedì 10 Maggio 2021 – Su NiedernGasse una recensione di Quaderno croato di Vanni Schiavoni

Su NiedernGasse, che ringraziamo per lo spazio, una splendida recensione di Quaderno croato di Vanni Schiavoni firmata da Mario Famularo.

Eppure felici, ecco come ci crediamo – Vanni Schiavoni

a cura di Mario Famularo

 

Non spiega molto dei nodi marinari
l’avvicendarsi dei tramonti a largo di Split
quando il sole si piega all’orizzonte tenendosi per le dita
senza dare punti di decisione.

Tutto si specchia come in un contagio
a cominciare dal mio cognome
per finire col tuo profilo, nonostante sia spaesante
la sbilanciata conoscenza dei fatti.

Non c’è la violenza che speravo
o qualcosa che chiamiamo per abitudine straniero.

Eppure felici
ecco come ci crediamo: felici di netto
in questo plagio impreciso e continuo degli sguardi
capaci da qui a richiamare l’umanità intera
all’issarsi di reti e della tradizione
che mi indichi di tanto e ogni volta è niente.

L’aria sul muro di cinta rifrange
i flutti di vita sul lato dei pianti.

(Vanni Schiavoni, “Quaderno croato”, Fallone Editore, 2020)

 

“Quaderno croato”, di Vanni Schiavoni, è una plaquette che ritrasmette, in primo luogo, il sapore di un diario di viaggio – dove lo scavo da geografico si fa introspettivo, semantico, linguistico, relazionale: “a cominciare dal mio cognome”, punto di contatto tra la ragione del percorso e i luoghi di indagine, occasione di contatto con un’identità e una tradizione apparentemente lontane.

Il testo selezionato raccoglie molte delle caratteristiche della breve silloge, di dodici poesie – dove ciascuna si ricollega a una tappa esatta del cammino – in questo caso si tratta di Spalato, o meglio “Split” (l’avvicendarsi dei nomi nelle due lingue è uno degli elementi che realizza l’integrarsi – attraverso la parola e i luoghi – all’ignoto dell’origine).

Immediatamente il dettato chiarisce che “l’avvicendarsi dei tramonti … non spiega molto … quando il sole si piega all’orizzonte … senza dare punti di decisione”: non è il luogo, dunque, a dare una risposta sufficiente, ed è questo a giustificare ed alimentare il viaggio, la ricerca; ma è lo stesso luogo circostante (in particolare qui l’ambientazione appare nautica, trovandosi l’io del testo “a largo di Split”) a specchiarsi attraverso le acque marine, in ogni suo dettaglio, passando attraverso la riprova della propria identità e del collegamento con il passato e la tradizione, fino alla conferma del presente (“Tutto si specchia come in un contagio / a cominciare dal mio cognome / per finire col tuo profilo”), anche se la rivelazione resta parziale ed incompleta, “sbilanciata” – e quindi non può che spingere a proseguire, a non interrompere la dinamica del navigare necesse est.

La realtà sorprende per la sua differenza con le possibilità e le aspettative: “non c’è la violenza che speravo / o qualcosa che chiamiamo per abitudine straniero” afferma l’io lirico, come a dire che la familiarità con il mondo ed i paesaggi, e la forza pacificante e serena del procedimento, risultano inaspettate e differenti da quelle che si erano consolidate come “speranze” nel suo immaginario.
“Eppure felici / ecco come ci crediamo: felici di netto”, ritrovandosi in un moltiplicarsi interminabile di sguardi, “capaci da qui a richiamare l’umanità intera” (in un’istanza che da viaggio personale si fa universale e di ogni uomo), tra il ricordo di un passato “di reti e della tradizione”, che, pur indicato e studiato, “ogni volta è niente”, nel suo dissolversi continuo nel momento presente.

Quella che più forte si avverte, negli ultimi versi, è una compenetrazione tra la natura, la città, il mare, e l’uomo, che attraverso il dolore e la coscienza della sofferenza riesce a realizzare un punto di contatto con il passato, con i propri simili e con il mondo: una quasi serenità che nasce dalla certezza dell’afflizione – “flutti di vita sul lato dei pianti” – che si scontrano e disperdono contro il muro di cinta della città delle origini, al contempo accogliente e quasi indifferente.

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