Su Iuncturae Gianluca Virgilio scrive del volume Dal tempo qui raccolto di Antonio Prete e Carla Saracino.
Nuove Segnalazioni Bibliografiche 27. “Saper stare sulla soglia”
Una giovane allieva interroga il suo maestro, gli chiede di parlargli della sua opera, della sua vita, dei suoi progetti. La differenza dell’età, che di solito appare così divisiva, è colmata da questo interrogare che invita al racconto, al ricordo, alla riflessione. L’interrogazione diventa una conversazione, il desiderio di sapere si muta in volontà di condividere un’esperienza che si intende trasmettere agli altri perché evidentemente in essa si scorge chiaramente un messaggio che non deve andare perduto.
Carla Saracino ha incontrato Antonio Prete in due tempi diversi: una prima volta nel 2006, per un’intervista che avrebbe chiuso la sua tesi di laurea; poi, sedici anni dopo, nel 2022, questa volta spinta non da un fine pratico, ma dal desiderio di continuare una conversazione solo apparentemente interrotta tanto tempo prima e che, evidentemente, richiedeva d’essere messa per iscritto a vantaggio del lettore. Da questi due incontri è nato il libro che qui segnalo: Antonio Prete, Carla Saracino, Dal tempo raccolto. Una conversazione, Fallone Editore, Taranto 2024, quarto volume della collana I labirinti concentrici.
Che cosa è accaduto tra il 2006 e il 2022? Molte, moltissime cose. Se si scorre la bibliografia di Prete, è facile rendersi conto che questo è stato un periodo ricco di attività, un periodo che definirei la lunga estate in cui lo scrittore ha raccolto il frutto dell’operosità di tutta la vita. Si pensi solo che nel 2006 la prima delle tre raccolte poetiche, Mehnir, non era stata ancora pubblicata (lo sarà solo l’anno dopo; seguiranno Se la pietra fiorisce del 2012 e Tutto è sempre ora del 2019) ed anche gran parte della sua produzione saggistica era di là da venire. Sicché si spiega bene il desiderio dell’allieva di ritornare dal suo maestro e di riprendere con lui la garbata (si noti l’uso rispettoso del lei) conversazione di tanti anni prima. Pagina dopo pagina, domanda dopo domanda, il libro ripercorre l’intera vita intellettuale di Prete, dalle prime giovanili letture nella casa paterna di Copertino (“la grande antologia Orfeo. Il tesoro della lirica universale a cura di Vincenzo Errante e Emilio Mariano” p. 37), ancora vive nel ricordo, agli studi appassionati e mai interrotti dei due grandi fari poetici che hanno guidato l’autore per tutta la vita, Leopardi e Baudelaire, agli incontri della maturità con Luzi, Caproni, Zanzotto, Jabès, Bonnefoy e numerosissimi amici e colleghi, per non parlare degli studenti, sia quelli dei primi anni dell’insegnamento liceale sia gli universitari. A Saracino, che lo invita a parlare di scuola, Prete risponde con una bella pagina sulla relazione didattica: “la funzione prima [dell’insegnante] è quella di edificare, giorno dopo giorno, un ponte perché gli interlocutori muovano verso la soglia del conoscere” (p. 46); e ancora sull’irrinunciabilità della figura del docente: “C’è insomma una sorta di esemplarità che è portata dalla presenza dell’insegnante” (p. 47).
Gli incontri, la scuola, l’università: quel che emerge è una dimensione collettiva dell’attività intellettuale di Prete, la cui opera non nasce da un mero individuale desiderio di esprimersi, ma affonda le sue radici in un humus fertile di ragioni comunitarie che lo scrittore mette a frutto nel suo lavoro, nel tempo lungo del secondo Novecento e del nuovo millennio, contro la mercificazione a cui il mercato ha ridotto oggi la letteratura: “Mai come in questa epoca l’equivalenza tra il libro e la merce ha mostrato il suo trionfo” (p. 66), scrive Prete; e dunque, stando così le cose, diventa necessario “Tenere viva la fiamma dell’invenzione letteraria in un mondo in cui il marketing tende a omologare le forme del narrare e del dire, orientando autori e lettori verso il facile consumo di un immaginario già definito, riconoscibile, seriale.” (p. 67)
Al tempo e ai suoi “quattro ordini di figure: l’attesa, il ricordo, il visibile, il nesso tra il tempo vissuto e il tempo non vissuto”) sono dedicate pagine bellissime (pp. 86-89); ed è l’occasione per l’annuncio di un nuovo libro di poesia, di prossima pubblicazione, dal titolo Convito delle stagioni.
Non poteva mancare in Prete, che, come abbiamo detto, non concepisce il compito dello scrittore al di fuori di un orizzonte comunitario, una pagina dedicata al tempo presente, il tempo tragico delle migrazioni dal Sud del mondo, che lascia sul terreno e tra le onde del mare migliaia di vittime innocenti, il tempo della guerra in Ucraina e a Gaza (pp. 90-92). Nel suo piccolo, il poeta, davanti al tragico del nostro tempo, non può che riaffermare le ragioni della propria vocazione, il suo compito: “… resta a noi, nell’età della tecnica, un compito arduo e necessario: quello di preservare il più possibile il potere immaginativo dell’individuo…” (p. 93), il solo che potrà farci intravedere la strada verso un nuovo mondo, nel quale Prete nutre la più grande fiducia: “… la poesia mostra il disegno – trasparente, fluttuante, e tuttavia musicale e sensibile – di un’altra possibile forma del vivere umano.” (p. 92). È questo probabilmente il senso dell’invito finale a “saper stare sulla soglia”, dove “riappaiono i tanti percorsi non compiuti, qualcuno dei quali richiama un qualche compimento”. (p. 97). Ognuno di noi dovrebbe porsi in questa prospettiva e avere fiducia che, al termine del percorso non ancora compiuto, abbia fine il tragico della nostra epoca.