Su Atelier Michele Paladino recensisce Di solo pane di Piero Schiavo.
Esiste una sostanziale, lapidaria via della poesia contemporanea capace di applicare alla palude del moderno un tipo di poesia dall’invocazione intransigente? Esiste una misura adattata a un verso caricato a un mezzo espressivo soffocato a un precetto di destino? Sicuri che il pathos della visione sia reversibile e coerente alle contingenze esistenziali con un tipo di lirica solenne, magnetica e verticale insolita alle necessità espressive di oggi? Interrogativi critici che trovano portata in due libri che propongono un preciso uso del verso inquadrato in una dimensione di intima irrealtà. Vi è da una parte il senso di una liricità laica, travestita da nudo aforistico e secche sentenze irrefutabili, dall’altra una tensione oracolare, da liturgia postuma e dirozzata alla glacialità di chi ha rotto i ponti con il filtro della quotidianità. Castigo di Francesco Costa è pervaso da una foga allegorica simile ad una riscrittura ambiziosa e irrelata di Sacre scritture dal taglio apocrifo. Se il lettore penserà a un compendio orfico allitterante, tutt’altro, il tono di Costa è affabilmente empatico, come un Sisifo dalla chiosa felice. La piega assolutamente inibitoria del verso oracolare di Costa trae coscienza da un contorno notturno ed esotico in cui “tutto è simbolo / tutto sta per altro cose”. Questo potrebbe indurci a una lettura estetizzante del progetto di Costa? Non è da prendere sul serio questa traccia: l’enigma del salmodiare di Costa è nella venatura dell’apologo, un po’ ingegnoso, un po’ cinico, “non c’è pietà dopo il castigo”:
La volpe non biasima
la trappola, né il cacciatore
né sé stessa
ma macina bestemmie
mentre aspetta
ferita
qualcosa
che non sa
Naturalmente l’intera raccolta non è emendabile da un sentimento di permanente redde rationem da Dite infernale. Un sogno di punizione terribilmente ilare. Si può parlare di una poesia onesta e composta, dal fondo di una parola pura, battesimale, di laico nutrimento. È ciò che Piero Schiavo assicura nella sua esperienza tra chi è condannato ai suoi stessi bisogni, gli ultimi. Si tratta di un documento di vita, traducibile in una eucaristica, asciutta, catena di condivisioni a una stessa radice biologica: “[…] viene il pane dalla terra / stessa dove marciscono i morti […] l’abitare il limite, l’impreciso / dove l’unico vero pane / è il pane condiviso”. La logica fatalista di chi resterà “ultimo tra gli ultimi” si manifesta nei ritagli di chi è travolto dal dominio della sola memoria, forza dal carattere negativo. Tutte le poesie hanno un segreto: l’effetto di trasparenza. In questo caso la struttura formale dei versi -rinuncia ad orpelli e facili nuance – ci aiutano a restituirci l’intima coscienza di chi è sottratto alle cose del mondo. In questa sobria vertigine weiliana, “E’ un’ipocrisia ripetuta / con presunzione d’innocenza: Dio si prega soltanto /nel silenzio della sua assenza”, non si presentano precetti manzoniani dell’uomo colpevole di scontrarsi con una realtà violenta. La sorte appare come uno stigma d’espiazione: “non c’è colpa […] è un voler condannarsi […] si diviene ciò che si è / non si è ciò che si è diventati. // […] tutto s’annullerà nel niente / ogni cosa che accada / accade per sempre”. Dunque la poesia di Schiavo segue un ideale pragmatico, uno sguardo capace di rendere giustizia a queste tranche de vie infelici, attraverso un concreto presupposto agonistico (da reporter in vivo del Nada y Todo di Giovanni della Croce) di imperturbabile rivelazione realista. Una poesia che si esprime tenendo alla larga le dominanti gerarchie di potere della nostra civiltà.
Michele Paladino
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Francesco Costa, originario di Belluno e laureato in Scienze Internazionali e Antropologia, vive e lavora a Venezia. Le sue poesie sono state pubblicate da riviste letterarie e antologie, tra cui Poetry Factory, Il Visionario, L’Altrove, 210A, Atelier, LaboratoriPoesia, Asterorosso e Inno all’Infinito, curato da Bruno Mohorovich. Scrive pezzi di prosa fantastica per il quotidiano Il cucchiaio nell’orecchio e le sue opere di fotografia e pittura sono raccolte sul sito web thisminimalshit.com. Costa è autore delle raccolte di poesie Cipango (2020) e La foresta dei cedri (2022), editi da Ensemble, e del fantasaggio satirico-filosofico Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022).
Piero Schiavo (Ancona, 1976) è docente di Filosofia a Roma e collabora con l’Università di Bologna.Ha scritto alcuni album illustrati per l’infanzia pubblicati in vari paesi, un breve romanzo sulla scuola (Insegnare a studenti a zigzag, Bologna, La Linea, 2017) e due raccolte di poesie: dissolvenze (Giuliano Ladolfi, 2017, che ha ricevuto diversi riconoscimenti) e Una voce, una parola ancora (Italic, 2020). Entrambe hanno ottenuto uno spazio sulla rivista Atelier, o con una recensione, o con un approfondimento. Alcune sue poesie sono state selezionate per le raccolte Poetare (agenda e quaderno), altre sono state premiate in diversi concorsi nazionali e internazionali come il Premio Città di Acqui Terme, Europa in versi – Premio della Casa della poesia di Como, Premio Borgognoni, Premio I Murazzi, Premio Poeti oggi, Premio Buonarroti. È tra i vincitori della terza edizione del Premio Pound.